A che punto è la cultura dell’innovazione in Italia? Investire denaro, rischio e pensiero nella ricerca di nuove tecnologie è un valore o siamo cauti e un pò ignoranti come spesso ci dipingiamo? Il mensile Wired in edicola da domani, pubblica un’indagine condotta insieme a Cotec dalla quale emerge, a sorpresa, il ritratto di un Paese ottimista che si fida più della scienza che della politica. Un rapporto che in Italia mancava e che fa il punto sull’ aspetto più cruciale della capacità innovativa italiana. L’ indagine mette in luce che proprio sul rischio si gioca una delle battaglie culturali e informative più delicate. Emerge la consapevolezza dell’ importanza del lavoro, della ricerca e dello studio come fattori fondamentali, con il talento innato, per innovare. Vengono ritenuti indispensabili anche incentivi finanziari e simbolici adeguati per motivare chi intraprende la difficile strada dell’ innovatore. Ma è proprio sul rischio che emerge il ritardo dell’ Italia. La capacità di correre dei rischi è considerato uno dei fattori meno importanti. Il rischio, inoltre, viene associato soprattutto ad aspetti negativi come pericolo, perdita, incidente e non a quelli positivi come cogliere le opportunità o accedere alle novità. Più dell’ 80 per cento del campione intervistato ritiene che solo una conoscenza completa di tutti i possibili danni sia un requisito indispensabile per permettere la commercializzazione di un prodotto. E i giovani sono la fascia più conservatrice. Dati che danno una rappresentazione di bassa innovatività del consumatore secondo il concetto introdotto dall’ Ocse.

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