Da quando nel lontano 1920 venne utilizzata per la prima volta la parola “robot” (mutuata dal ceco robota, “lavoro forzato”), le applicazioni e i campi di utilizzo delle tecnologie dell’automazione non hanno fatto che evolversi, prendendo direzioni diverse. Con un unico filo conduttore: quello di tentare di delegare a terzi parte delle proprie mansioni scomode o ripetitive. Così come un essere umano percepisce, ragiona ed agisce, un robot deve essere in grado di incamerare dati dall’esterno, elaborare gli stessi rendendoli informazioni significanti ed eseguire le opportune azioni. Tre funzioni principali per tre diversi ambiti tecnologici: sensori elettronici per l’acquisizione dei dati, software per l’elaborazione e dispositivi meccanici per l’azione.
Il primo settore a essere investito, a partire dal secondo dopoguerra, è stato quello industriale: bracci meccanici, rulli trasportatori e i più moderni apparecchi di verniciatura delle automobili rappresentano classici esempi di robot impiegati in larga scala. Un settore oramai maturo, nel quale i processi di innovazione riguardano soprattutto l’incremento della capacità di apprendimento dei dispositivi rispetto ai propri errori. Coincide invece con la fine degli anni Novanta l’avvento dei cosiddetti service robot, automi dedicati ad una singola funzione “di servizio” personale, come ad esempio falciare un prato, aspirare il pavimento, pulire la vasca di una piscina. A ben vedere, anche una lavatrice o un’automobile rispondo alla definizione di service robot.
Il futuro è dei personal robot: automi in grado di reagire a stimoli esterni per compiere una vasta gamma di azioni utili all’uomo senza più essere relegati ad una singola funzione. Con un aspetto antropomorfo che, per ragioni soprattutto cognitive, favorisce l’interazione con gli esseri umani. La quale può avvenire attraverso movimenti (catturati da un sistema ottico-visivo), impulsi vocali, tattili o di altra natura acquisiti dai numerosi sensori disposti sulla struttura. I più ottimisti ne prevedono la commercializzazione su larga scala per il 2010.
Ed è proprio il campo dei personal robot la nuova frontiera individuata da Nuzoo, attiva nel campo dell’automazione e della robotica da oltre quindici anni. Con l’obiettivo di creare un nuovo parco di prodotti robotici (da cui il nome “NewZoo”) che sfruttino i principali risultati della ricerca tecnologica, sviluppata direttamente presso i propri laboratori. Uno dei risultati più promettenti prende il nome di NiceOne ed è un personal robot antropomorfo di poco meno di mezzo metro di altezza, tre chilogrammi di peso e dotato di oltre trenta articolazioni (o “gradi di libertà”, in gergo tecnico) che gli consentono di adottare un gran numero di movimenti e posizioni diverse. L’automa, realizzato a partire da un prototipo 3D, è costituito esternamente di plastica e alluminio. Acquisisce istruzioni dall’esterno mediante comandi tattili o con l’avveneristica “motion capture”, le elabora grazie a un software appositamente programmato (e programmabile con l’aggiunta di nuove funzioni) e realizza semplici azioni. Finora, NiceOne è stato protagonista di numerosi workshop dimostrativi organizzati presso musei e scuole ed è disponibile a noleggio come intervistatore robotico per pubblico in eventi e congressi o come catalizzatore di attenzione tra gli stands delle fiere, solo per citare due delle applicazioni che hanno riscosso il maggiore interesse.
La prospettiva di medio e lungo termini è quello di rendere NiceOne un personal robot attivo nella vita di tutti i giorni. La grande sfida del settore nei prossimi anni sarà infatti quella di produrre non più semplici automi esecutori (al più capaci di una “finta intelligenza”), pur dotati di un elenco potenzialmente infinito di combinazioni di azioni da compiere a seconda degli stimoli esterni e di una capacità di aggiornamento. Si tratterà di invece di realizzare robot dotati di una vera e propria intelligenza artificiale, priva di regole e vincoli prestabiliti. Autonomi in tutto e per tutto, nelle azioni e nel modo di elaborare gli stimoli raccolti dall’esterno. Capaci di affrontare ogni situazione non codificata a priori, con quella dose di imprevedibilità che è propria anche dell’essere umano. Tutto ciò è ancora lontano e occorrerà presumibilmente attendere almeno trenta o quaranta anni per vederlo realizzato. Per prevenire potenziali danni è nata da qualche anno una disciplina chiamata roboetica, dedita proprio a definire i limiti da non oltrepassare, a tutela della singola persona e di tutto il genere umano.

Stefano Avenia, Fondatore e project manager di Nuzoo


[scarica pdf]