Le (nuove) biotecnologie derivano in presa diretta dalla ricerca di base che ha imparato ad interpretare in termini di eventi molecolari i fenomeni biologici. Il loro sviluppo sul piano industriale è di fatto inscindibile dallo stato di salute della ricerca di base di un Paese, dalla sua qualità, dalla capacità di preparare personale specializzato e, infine, dalla sua disponibilità a “pensare industria”. La scelta di favorire lo sviluppo delle Biotecnologie è resa obbligata da tale intrinseca pervasività ed ha per il futuro di un paese un chiaro valore strategico, generatore di reali alternative in termini di natura dei processi, di obiettivi di prodotto, di soluzioni organizzative e, in definitiva, di cultura di impresa.
Le biotecnologie vengono “cooptate” dal sistema industriale di un Paese anche attraverso la formazione di nuove aziende specializzate facilitata dal fatto che gli investimenti in attività fisse richiesti da questo settore sono relativamente modesti se confrontati con altre aree di attività industriale mentre è molto elevato il valore potenziale dei risultati attesi.Di qui la “tentazione” della ricerca di base, Università o altri Enti simili, di compiere autonomamente una parte del percorso che porta alla industrializzazione delle conoscenze.
Una fotografia della situazione italiana nel 2005 (fonte ASSOBIOTEC) indica un numero relativamente modesto (meno di una ventina) di aziende industriali “tradizionali” impegnate nelle biotecnologie, prevalentemente nei settori farmaceutico e diagnostico. Sono invece più di 100 le aziende di nuova costituzione a base biotecnologia.
In generale, in Europa la nascita e lo sviluppo delle piccole società biotech avviene con il supporto di denaro pubblico, sia esso diretto attraverso piani di ricerca finanziati dallo Stato, o indiretto, mediante iniziative che incentivano l’intervento di fondi privati riducendone il rischio finanziario. La struttura dell’industria biotecnologica europea è ancora fragile e con prospettive di sviluppo fortemente dipendenti dalla disponibilità di finanziamenti almeno in parte garantiti da una politica di sostegno, sia essa nazionale e/o comunitaria.
Esiste la possibilità di uno sviluppo industriale delle Biotecnologie in Italia, malgrado la debolezza della nostra struttura produttiva nei settori afferenti. Si tratta, in sostanza, di favorire lo sviluppo di un settore di PMI impegnate nel “biotec” o più in generale nelle tecnologie biomediche moderne, capaci di costruirsi un mercato attraverso il collegamento con strutture industriali più avanzate di quanto sia oggi quella italiana. Si tratta di un posizionamento che gli economisti definiscono “local for global” che non è privo anche in Italia di esempi di successo, specie tra le aziende che hanno preso origine da centri di ricerca farmaceutica già strutturati Perché questo avvenga è necessario attuare sul modello degli altri Paesei europei, una politica di sostegno concentrata su due principali assi:
– lo sviluppo dei centri di eccellenza esistenti nell’ambito della ricerca pubblica o privata,.
– una serie di misure, di carattere prevalentemente fiscale, che favoriscano la nascita di un mercato finanziario specializzato.Essa richiede l’intervento coordinato di diversi soggetti. Lo Stato è il “proprietario” della rete di ricerca di base che mantiene vivo il processo di creazione delle conoscenze e di formazione delle competenze. Occorre riservare una parte additiva dei fondi di finanziamento alla ricerca a quelle strutture che si caratterizzano come centri già dotati di “massa critica” sul piano delle tecnologie disponibili e della “vocazione” a coltivare le opportunità di ricaduta.
Il secondo livello di intervento è di competenza del territorio in cui hanno sede i centri di ricerca potenzialmente in condizioni di dare origine a effetti di trasferimento o generazione di “spin-off”. Se la creazione di aziende biotecnologiche viene identificata dal territorio come un fattore strategico del proprio sviluppo, tocca agli Enti locali (Regione, Provincia, Comune) dare origine alle “infrastrutture biotecnologiche” necessarie a rendere operante il processo. Questa ripartizione di ruoli è alla base, come si è visto, delle iniziative di successo in Europa.In Italia non mancano i segnali di iniziative locali, in Lombardia, in Toscana, in Piemonte, ed in altre regioni. Il meccanismo auspicato di interessamento del territorio alle biotecnologie è in atto, e questo spiega la crescita delle iniziative industriali registrata da Assobiotec.
Non esiste nessuna ragione di pensare che le biotecnologie abbiano tradito le loro grandi promesse. Sono in ritardo rispetto alle previsioni. Questa può essere una opportunità per un Paese che ha un grande bisogno di riposizionarsi in settori dove il costo del lavoro e l’intensità di investimento non rappresentano barriere allo sviluppo.
Umberto Rosa, Presidente di Snia, Sorin e del Gruppo Bioniziativa