Le tecnologie biomediche per l’apparato cardiovascolare rappresentano uno degli ambiti più delicati dell’intero settore medicale. Si tratta di dispositivi impiantabili con funzioni spesso vitali, in quanto determinanti per il funzionamento del cuore e dei vasi direttamente connessi.
Richiedono quindi un livello di affidabilità totale, soprattutto se si considerano le condizioni biomeccaniche “estreme” nelle quali si trovano ad operare. La risposta a queste sfide sta nelle tecnologie.
Quelle di progettazione meccanica e di produzione, innanzitutto, ma anche la scienza dei materiali, per lo sviluppo di materiali biocompatibili e ad alte prestazioni. Il massimo è il carbonio pirolitico: proviene dalla ricerca in campo nucleare e presenta caratteristiche di resistenza comparabili a quelle del diamante e un carico di rottura simile a quello dell’acciaio, unitamente ad un’inerzia chimica che è garanzia di biocompatibilità.
Il carbonio pirolitico viene utilizzato ad esempio per gli stent, strutture metalliche cilindriche espandibili delle dimensioni di pochi millimetri, che stanno progressivamente sostituendo l’intervento chirurgico di by-pass nel trattamento delle ostruzioni coronariche. Mediante un catetere lo stent, montato su una sorta di palloncino a pressione elevatissima, risale l’albero arterioso per raggiungere il vaso affetto da ostruzione e ripristinare il passaggio del sangue.
Affinché il ripristino sia definitivo, lo stent viene lasciato sul posto in funzione di “armatura”. Da qui la necessità di una forma “a spirale interconnessa” e, soprattutto, di un alto grado di biocompatibilità per evitare, ad esempio, il rischio di trombosi.
CID (Carbostent & Implantable Devices), nata nel 1997 come business unit del gruppo Sorin e recentemente diventata spin-off, è specializzata in prodotti e soluzioni per la vascular therapy rispetto a specifiche patologie cardiovascolari e circolatorie. La nuova versione di stent progettato da CID è intesa a ridurre il rischio di restenosi, ossia la proliferazione incontrollata di tessuto biologico a seguito dell’intervento. La tecnologia è quella dei Drug Eluting Stent, che consiste nel rilascio graduale di un farmaco che abbatte la probabilità di ristenosi dal 25% a circa il 5% dei casi.
Lo stent realizzato da CID è dotato di scanalature sulla superficie esterna (quella a contatto con la parete interna della coronaria) nelle quali viene introdotto il farmaco. Una disposizione che consente un rilascio mirato solo nella zona vascolare in cui è necessario. La prospettiva a medio termine è quella di progettare un unico reservoir che consenta di dispensare due o più farmaci, così da affrontare in maniera ancora più efficace il trattamento. Per continuare a fare passi da gigante, è necessario insistere sulle tecnologie. Guardando alle esigenze di pazienti e medici, ma anche alle innovazioni realizzate in altri settori.

Franco Vallana, Amministratore delegato di CID – Carbostent & Implantable Devices

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