Il mondo delle biotecnologie, in particolare quelle legate alla salute umana, è al centro di numerosi dibattiti. Uno dei temi di maggiore interesse è quello delle opportunità di nascita, crescita e competizione per le piccole imprese in un mercato globale dominato dalle multinazionali farmaceutiche. La risposta a tale questione va trovata nelle peculiarità della struttura dell’industria biotech.
La creazione di valore economico avviene infatti attraverso un complesso percorso, che va dalla valorizzazione dei risultati della ricerca di base, solitamente con il deposito di una domanda di brevetto, ad un processo di trasferimento di tale risultato scientifico in un contesto industriale (una impresa già esistente o una nuova impresa), a un processo di progressivo avvicinamento al mercato finale attraverso il coinvolgimento di attori di volta in volta più grandi e influenti. In questo contesto appare fondamentale il ruolo giocato dalle piccole imprese, il cui posizionamento all’interno del mercato è stata esplicitato da Jurgen Drews, attualmente membro del management team di Bear Stearns Health Innoventures, un noto Venture Capitalist statunitense: “The biotech industry is establishing itself as the discovery arm of the pharma industry”.
A dimostrazione della veridicità di questa affermazione, basti notare come negli ultimi anni il numero delle collaborazioni tra piccole e medie imprese biotech e grandi imprese farmaceutiche sia aumentato in modo eccezionale. Questo settore permette infatti anche a piccoli o piccolissimi gruppi di ricerca di raggiungere risultati scientifici di portata mondiale. Non deve dunque sorprendere che una delle peculiarità delle imprese innovative del settore biotech sia la dimensione ridotta, almeno nella fase di start-up. È lecito chiedersi in quale misura l’Italia possa partecipare attivamente alle evoluzioni del settore, anche considerando la presenza di competitor di assoluto rilievo quali Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania. Occorre sottolineare come, soprattutto negli ultimi anni, si stia manifestando nel nostro Paese un dinamismo inaspettato. Pur con un mondo accademico ancora poco sensibile al tema dello sfruttamento industriale dei risultati, un mercato della finanza di rischio non pienamente conscio delle potenzialità del settore e la presenza di non trascurabili vincoli strutturali, emergono esperienze di sicuro valore che permettono di guardare al futuro con una buona dose di ottimismo.
Partendo da tali presupposti, Bioindustry Park mette in campo l’iniziativa Discovery, realizzata con il sostegno della Regione Piemonte e la presenza di Eporgen Ventures, con l’intenzione di definire un percorso che dall’individuazione di un’idea porti alla strutturazione di un’impresa innovativa che possa operare sul mercato globale. Le ridotte dimensioni infatti non impediscono ad imprese dinamiche di posizionarsi al centro di importanti reti di relazioni internazionali, configurandosi come significativi motori di innovazione tecnologica. Facciamo un paio di esempi.
La Target Heart Biotec, spin-off dell’Università di Torino, opera in un settore importante, quello delle patologie cardiache, utilizzando un approccio innovativo che, a partire da rilevanti scoperte biotecnologiche, è stato in grado di sviluppare una terapia efficace nei casi in cui il cuore sia sottoposto a un carico di lavoro particolare, come accade per i soggetti affetti da malformazioni congenite.
La Narvalus, spin-off della società BioSiLab, combinando conoscenze di tipo biotech con le tecnologie dei semiconduttori, è riuscita a realizzare e brevettare un sistema innovativo per lo studio del comportamento delle cellule, assicurandosi così la possibilità di sfruttare economicamente il frutto dei propri sforzi di ricerca.
Queste ed altre storie imprenditoriali di successo sottolineano alcuni fattori chiave: un forte orientamento alla ricerca che superi le tradizionali dicotomie tra ricerca di base e ricerca applicata; un posizionamento strategico efficace lungo la catena del valore, tale da delegare le fasi di produzione ai grandi attori multinazionali trattenendo la fase di scoperta ed “ingegneria” delle soluzioni; un efficace utilizzo degli strumenti di proprietà intellettuale per competere nel mercato della conoscenza scientifica internazionale. Si tratta di una sfida che il nostro Paese può certamente cogliere per rivestire non soltanto il ruolo di mercato di sbocco per le grandi imprese farmaceutiche, ma anche quello di incubatore di piccole imprese con buone idee che vogliano crescere e svilupparsi.

Fabrizio Conicella, Business Development Manager di Bioindustry Park del Canavese SpA.