Visitando il Foro Romano e imbattendosi nella basilica Giulia, eretta nel I secolo a.C. e della quale sopravvivono solo alcuni resti, ogni turista si è divertito a immaginarne la forma originale, collegando mentalmente le linee, completando le parti mancanti. Immaginiamo invece che, mediante uno studio tecnico-filologico, sia stata realizzata la ricostruzione tridimensionale della basilica. E che questa sia stata sovrapposta alle rovine, mostrando ai visitatori l’edificio così come si presentava ventidue secoli prima.

Ogni qualvolta in uno scenario reale vengano introdotti contenuti informativi virtuali (immagini e riproduzioni, ma anche suoni e video), magari con la possibilità di fare interagire i prototipi virtuali con i movimenti umani, siamo in presenza di ciò che viene definito realtà aumentata. Nel settore dei beni culturali queste tecnologie si applicano in due filoni principali. Il primo è quello della fruizione e della valorizzazione delle opere – come nell’esempio del Foro Romano – collocando oggetti 3D in contesti reali. Elementi estranei ma perfettamente integrati, attivabili mediante riferimenti (marker) che consentono di definire la posizione e l’orientamento visivo dell’utente. Ad esempio, come avviene al Powerhouse Museum di Sydney, permettendo di visualizzare in tempo reale le immagini delle versioni precedenti del luogo fisico che si sta inquadrando. Il secondo importante ambito è quello della diagnostica dello stato di conservazione delle opere. Il modello non cambia ed è relativo alla commistione tra le informazioni diagnostiche e le immagini reali. Come nel caso in cui, a seguito di una rilevazione dei gradienti termici di una parete mediante termocamera, la rappresentazione dei risultati possa essere visualizzata direttamente osservando la parete in questione attraverso sistemi di realtà aumentata, e magari fornendo, sempre in modalità immersiva, ulteriori informazioni diagnostiche per sovrapposizione come: immagini multi-spettrali; immagini in falsi colori; immagini pre-elaborate al fine di estrarre informazioni (crepe, difformità morfologiche, attacchi biologici, etc.), evidenziando le eventuali anomalie e la loro precisa localizzazione e intensità.

Quella dell’innovazione tecnologica al servizio dei beni culturali è una delle principali tematiche di interesse per il Cetma (Centro di progettazione design e tecnologie dei materiali). Oltre agli ambiti già citati, due frontiere importanti sono quelle della standardizzazione dei dati e della loro unificazione. Specie nei casi (frequenti) nei quali lo stesso bene è oggetto di indagine da parte di più gruppi di lavoro, ognuno interessato a specifiche misure. Nel caso delle tecniche diagnostiche basate sull’imaging 2D e 3D la fusione delle acquisizioni è sicuramente un processo critico per la formulazione del quadro diagnostico. Occorre allora fondere in modo metricamente corretto, le informazioni. La risposta è in software avanzati sviluppati ad hoc.

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