Terremoti e vulcani sono l’espressione di quella continua evoluzione del nostro pianeta Terra senza la quale oggi la maggior parte dell’Italia, della Grecia e delle isole dell’Egeo sarebbero sotto il livello del mare, le Alpi apparirebbero come colline mentre le isole Azzorre semplicemente non esisterebbero.
Nel Mediterraneo, teatro della collisione fra le grandi placche continentali europea e africana tale attività è particolarmente significativa e non priva di rischi. Basti pensare che nei quattro secoli passati i soli terremoti hanno ucciso in media quasi 1000 persone all’anno e i danni causati dalle attività sismica e vulcanica hanno avuto un impatto drammatico sulla società e sull’economia dei paesi e delle comunità locali coinvolte.
Data la situazione, grandi sforzi sono stati dedicati a quantificare il rischio sismico e vulcanico. Le mappe della pericolosità sismica, ad esempio, sono il risultato di tali tentativi. Esse rappresentano una certa misura della probabilità delle scosse previste entro un certo intervallo di tempo e possono essere usate dalle autorità locali e nazionali per attenuare le perdite e i disastri causati dai terremoti attraverso il miglioramento della sicurezza delle costruzioni e delle strutture.
Nell’ultimo ventennio si è inoltre sviluppata una forte collaborazione tra industria e mondo accademico, permettendo la creazione di un unico “know-how” accompagnato dall’installazione di ampie reti di monitoraggio i cui risultati vengono condivisi dai Paesi che le hanno realizzate.
Ora la frontiera della ricerca della geofisica moderna si fonda in maniera rilevante su due direttici al crocevia tra scienza e tecnologia: il progresso tecnologico nella strumentazione per le misure e l’affinamento della capacità di gestione ed elaborazione delle informazioni raccolte. Come in ogni altra scienza sperimentale, i dati e la capacità di saperli analizzare rappresentano pilastri fondamentali nella ricerca geofisica. Allo stato attuale l’Europa è messa a confronto con l’impressionante sviluppo che sta avvenendo in paesi quali Giappone e USA, dove le reti di monitoraggio stanno effettuando notevoli progressi. Vengono installati strumenti con una precisione senza precedenti in quantità che sono di un ordine di grandezza superiore a quella finora utilizzata.
Tali sentinelle tecnologiche, vengono organizzate in reti che consentono agli scienziati di accedere e gestire database enormi, stando comodamente seduti alla propria scrivania. Non sempre però. Recentemente è stata effettuata una campagna di misure sull’isola di Tenerife, alle Canarie, ad opera dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia presieduto da Enzo Boschi.
Il grande vulcano Teide, che domina l’isola e che è giudicato dagli esperti “ad alto rischio”, è stato investigato con una tecnica di rilevamento innovativa, chiamata aeromagnetismo.
Il suo edificio vulcanico, dalla parte emersa e fino a penetrare la crosta terrestre, nella sua parte superficiale, quella che genera i maggiori rischi geofisici, sarà come un libro ricchissimo di contenuti e di facile consultazione grazie alla mappatura aeromagnetica. Una metodologia di ricerca che ha, quasi, del paradossale. Per svelare i segreti dell’edificio vulcanico sottomarino, fin dentro la crosta terrestre, gli scienziati hanno operato dal cielo, a bordo di un elicottero attrezzato con apparati di alta tecnologia sospesi in una sorta di missile che al suo interno ospita i sensori che captano i campi magnetici delle rocce vulcaniche.
I rilievi aeromagnetici effettuati consentiranno di identificare le strutture sepolte, in modo tale da ricostruire formazioni come condotti lavici, crateri e faglie. In tutta l’area coperta dalle misure, viene studiata la composizione della crosta terrestre, esaminandola anche al suo interno. È pertanto un modo tecnologicamente avanzato per incamerare una mole notevole di dati che verranno a incrociarsi con quelli già conosciuti e che consentiranno la creazione di un database di straordinaria importanza.
Un contributo (non solo a beneficio della geofisica ma anche della Protezione Civile spagnola) che è stato realizzato con una tecnologia avanzata, fiore all’occhiello dell’Italia e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Si tratta inoltre di un esempio estremamente interessante, di cooperazione tra istituzioni italiane ed europee che risulta affiancato da un protocollo ministeriale tra Italia, Spagna e Portogallo realizzato nel 2005 con il sostegno della Fondazione Cotec.
E’ bene ricordare che la fisica dei terremoti e dei fenomeni vulcanici non soltanto non rispetta le frontiere nazionali coinvolgendo spesso paesi limitrofi ma ( si pensi ai grandi mercati primari e secondari di assicurazione) ne coinvolge in maniera tanto pervasiva le economie da richiedere risposte di impegno e coordinamento di statura europea.
Massimo Chiappini, Direttore di Ricerca presso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)