Andare nello spazio è un sogno che accomuna moltissime persone in tutto il mondo. Qualcuno è già proiettato addirittura sulla possibilità di cambiare pianeta. Per poterci trasferire nei dintorni della Terra, dovremo tuttavia risolvere qualche piccolo problema: la Luna è priva di atmosfera, Mercurio pure, con temperature che arrivano a 450 °C. Anche Venere è un inferno con temperature di 380 °C, ha un’atmosfera composta al 97% da CO2 e una pressione 98 volte maggiore. Gli altri pianeti sono tutti veramente piuttosto fuori mano, tranne Marte. Su Marte però il 95% dell’atmosfera è costituito da CO2, le temperature medie sono circa sui -63 °C e la pressione è un decimo di quella terrestre. Con una tuta stagna e protetti da diversi strati di tessuto come Inuit siberiani potremmo anche farcela per qualche ora ma resta da risolvere il problema di come viverci più a lungo.
Se tenteremo di colonizzare Marte —o improbabilmente, almeno per i prossimi secoli, altri pianeti più lontani— non potremo sfruttare molte delle tecnologie che ci hanno permesso di viaggiare e lavorare nello spazio attorno alla Terra a bordo delle navicelle e delle stazioni spaziali. In particolare, per produrre ossigeno ed eliminare anidride carbonica, non potremo usare le soluzioni che abbiamo già presentato qui. Tutte queste tecnologie, infatti, prevedono il consumo di reagenti e la loro trasformazione in scarti. Occorre una catena di rifornimento collegata con la Terra.
Un viaggio fino a Marte, invece, richiede da un minimo di 150 giorni a 300 giorni (cinque-dieci mesi) e possiamo compierlo solo ogni due anni, quando le orbite di entrambi i pianeti li portano ad avvicinarsi. Il rover Curiosity ha impiegato per il viaggio circa 8 mesi, tra il 2011 e il 2012, Opportunity è stato più veloce e ha coperto il tragitto in poco più di 7 mesi, tra il 2003 e il 2004, mentre l’ultimo rover della NASA, Perseverance, è ammartato dopo aver viaggiato per 203 giorni nel febbraio del 2021. Per questo, le future colonie spaziali dovranno cavarsela da sole per anni interi. Saranno costrette a organizzarsi secondo le regole di una rigorosa economia circolare in cui tutti i materiali di scarto prodotti vengono recuperati e riciclati sul posto in nuovi materiali utilizzabili grazie all’energia del Sole, di altre stelle o della fusione artificiale.
In tutti questi casi, è necessaria una fonte di energia per far andare le reazioni chimiche a rovescio, cioè portare la CO2 —che è la forma di carbonio più ossidata, stabile e quindi priva di energia— ad altre forme dove è meno ossidata e più reattiva, ovvero contiene energia che può essere liberata e utilizzata. Dovremo affrontare alcuni grossi problemi: prima di tutto, serviranno tanti pannelli solari, perché Marte è più lontano dal Sole rispetto alla Terra e l’energia luminosa che riesce ad arrivarvi non supera i 590 Watt per metro quadro invece dei 1000 W/m2 che arrivano sul nostro pianeta. Questi pannelli dovranno resistere alle frequenti tempeste di polvere, con raffiche da 100 km/h che si sollevano fino a 1000 km dalla superficie, accompagnate da potenti scariche elettrostatiche provocate dall’assenza di umidità. In queste condizioni, qualsiasi apparato esposto alle condizioni esterne si usurerà molto rapidamente e i coloni dovranno ripararlo subito e col materiale disponibile per non rischiare di compromettere l’intero habitat.
Per questo, la ricerca si sta orientando verso una soluzione completamente diversa: per eliminare la CO2 e convertirla in ossigeno, perché non adottare la tecnologia più antica del mondo? Sono in corso diversi esperimenti per utilizzare sistemi di riciclo dell’aria basati sulla fotosintesi clorofilliana.
Fonte Eni.com https://www.eni.com/it-IT/ricerca-scientifica/colonie-spaziali.html